Le leggi razziali vennero emanate attraverso una serie di Regi decreti-legge a firma del re Vittorio Emanuele tra il settembre e il novembre del 1938.
La scuola fu il punto di partenza e il centro della legislazione antiebraica, precedendo di due mesi sia le norme della Germania nazista, che sempre nel novembre del 1938 decretarono testualmente l’allontanamento dei “resti di alunni ebrei dalle scuole tedesche”, sia quelle italiane, che riguardavano l’esclusione dei cittadini classificati di razza ebraica in ogni singolo aspetto della vita pubblica.
Il primo Regio decreto-legge (dal titolo Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista) era del 5 settembre 1938 e si riferiva proprio al mondo scolastico.
L’obiettivo dichiarato, tanto da Mussolini quanto dall’allora Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, era di cominciare l’anno scolastico 1938-1939 con le misure antiebraiche già attuate.
Con i provvedimenti del 5 settembre si stabiliva la sospensione dall’insegnamento dei docenti classificati di razza ebraica, sancendo di conseguenza l’inibizione a ogni futura partecipazione a concorsi o bandi per accedervi. La normativa riguardava le scuole di ogni ordine e grado e aveva effetto immediato.
Circa il 7% del corpo docente universitario venne allontanato dagli atenei di riferimento, mentre furono quasi 200 i docenti delle scuole medie superiori che non ripresero servizio.
Non era, inoltre, permessa l’iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado agli studenti classificati di razza ebraica, decretando così la fine dell’esperienza scolastica per migliaia di ragazzi che avevano condiviso i banchi con i loro coetanei di allora fino a quel momento.
La normativa riguardante l'esclusione degli studenti consentiva un'unica eccezione: gli studenti già iscritti alle Università italiane potevano ultimare il percorso di studi già intrapreso.
I provvedimenti di novembre erano ancora più specifici, vietando a ogni “persona di razza ebraica” l’ammissione stessa nelle scuole, con riferimento quindi a ogni possibile ruolo. Le intenzioni si potevano già intuire nell’estate del 1938, considerando sia la pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti, sia il fatto che proprio il Ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, aveva comunicato il 3 agosto ai Provveditorati agli Studi italiani il divieto di iscrizioni degli studenti di razza ebraica.
Le leggi razziali a scuola non si limitavano ad escludere gli ebrei dalle scuole, ma miravano anche alla cancellazione delle tracce della presenza ebraica da ogni strumento didattico.
Un esempio in questo senso è una circolare di gabinetto con cui si indicava il “divieto di adozione nelle scuole di libri di testo di autori di razza ebraica”, corredato dall’elenco delle opere da cancellare.
Inoltre, alle scuole intitolate a persone classificate di razza ebraica venne cambiato il nome.
A sancire la separazione tra italiani di razza ariana e di razza ebraica ci fu un altro Regio-decreto (questa volta il 23 settembre, sempre a firma Vittorio Emanuele), con cui si stabiliva “[l’]Istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica”, con “sezioni speciali di Scuola elementare nelle località in cui il numero non sia inferiore a dieci”.
I provvedimenti coinvolsero, quindi, tutti i cittadini che secondo la classificazione biologica data dal regime fascista erano di razza ebraica. A farne le spese furono tanti studenti e docenti, tra i quali troviamo le allora alunne Liliana Segre, oggi Senatrice a vita, la scrittrice Lia Levi, che nei suoi romanzi si è dedicata al tema, le studiose Rita Levi Montalcini e Giacoma Limentani; un illustre docente espulso a seguito dei provvedimenti razziali è lo scrittore Giorgio Bassani; anche lui, come Lia Levi, avrebbe trattato il tema delle persecuzioni razziali nelle sue opere narrative.
Al di là del piano legislativo, le leggi razziali, combinate alla nuova retorica imperialista successiva alla conquista dell’Etiopia nel 1936, portarono ad un cambio delle scelte didattiche in senso marcatamente razzista. Dopo il 1938, materie come la cultura fascista o l’igiene, ma anche italiano, storia, religione, geografia, vennero orientate in questo senso. La scuola venne così utilizzata come strumento propagandistico per la diffusione delle nuove idee razziste, specie se si considerano alcune scelte, come ad esempio quella del Ministro Bottai, il quale aveva raccomandato la massima diffusione nelle scuole della rivista “La Difesa della razza”, a cura di Telesio Interlandi.
Allo stesso modo enti e materiali di formazione dei docenti vennero investiti della nuova retorica razzista, così da conformarsi ai valori del totalitarismo fascista.
Immagine 1: pagella di Gisella Vita Finzi, figlia di Aldo Vita Finzi e di Matilde Vita. Per gentile concessione della Fondazione CDEC di Milano