Hannah Szenes nasce a Budapest il 17 luglio del 1921 da una famiglia della borghesia ungherese il cui cognome originario era Schlesinger, ma con la crescita dell’antisemitismo e delle proposte di leggi antiebraiche in Ungheria già dalla fine della I guerra mondiale, il padre Béla cambiò il cognome e optò per il più ungherese Szenes, mantenendo tuttavia per sé e per la famiglia una identità ebraica di stampo laico e continuando a rispettare le festività e le maggiori tradizioni ebraiche.
Béla Szenes, che era un famoso drammaturgo e giornalista, muore quando Hanna ha sei anni. La bambina cresce con la madre Katherine e il fratello maggiore di un anno György e frequenta la scuola protestante. Probabilmente influenzata dall’esempio paterno inizia giovanissima a scrivere diari e poesie per le quali vince molti premi scolastici.
La scrittura la accompagnerà poi per tutta la vita e la renderà nota anche come poetessa.
Durante l’adolescenza Hannah vive episodi di antisemitismo, inizia a realizzare che a breve l’Ungheria non sarebbe più stata un posto sicuro per gli ebrei e si avvicina ulteriormente all’ebraismo e al sionismo. Determinata a emigrare nell’allora mandato britannico della Palestina, impara l’ebraico e studia agricoltura per potere poi essere ammessa alla scuola di agricoltura di Nahalal, vicino ad Haifa. Parte nel 1939, subito dopo aver conseguito il diploma e appena prima che l’Europa precipiti nella guerra.
Triste di lasciare gli amici e la madre è consolata però dalla scoperta che anche il fratello - una volta terminati gli studi all’estero – sarebbe emigrato in Palestina.
Una volta a Haifa, si trasferisce subito alla scuola femminile di agricoltura dove convince le sue compagne di stanza a parlare solo in ebraico per accelerarne l’apprendimento, si propone come tutor per chi ha bisogno di aiuto nello studio della chimica e scrive “il violino”, uno spettacolo ambientato nella scuola. Il suo entusiasmo, la sua intelligenza e la sua vitalità colpiscono coloro che la conoscono lasciando un segno profondo.
Nei suoi diari di quel periodo si leggono i suoi dubbi sull’abbandono del suo talento naturale più accademico e intellettuale ma anche le sue riflessioni sull’importanza del lavoro fisico che definisce i pionieri. Così, finito il biennio di istruzione, si unisce al gruppo che fonda il kibbutz Sedot Yam vicino a Cesarea. La costruzione di una vita lontano da casa non distoglie però la sua attenzione da quello che succede in Europa.
Nel 1940 l’Ungheria si allea all’asse Roma-Berlino; i libri del padre (in quanto scritti da un autore ebreo) vengono banditi e la madre si trova privata degli introiti dei diritti d’autore.
Nel 1942 l’invasione tedesca della Francia accelera l’emigrazione del fratello ma allo stesso tempo rafforza in Hannah la sensazione di dovere tornare in Ungheria per aiutare la madre e gli ebrei rimasti in Europa e per organizzare l’emigrazione verso la Palestina mandataria di altri giovani .
Quando viene a conoscenza di una missione dell’Haganah1, supportata dall’esercito britannico che cercava delle persone che parlassero ungherese e conoscessero bene l’Europa centrale, si arruola volontaria. Quando poi nel Gennaio del 1944, dopo aver passato 9 mesi in prigione in Spagna, il fratello arriva in Palestina, Hanna era però già stata scelta – insieme a Enzo Sereni – per fare parte dell’unità paracadutistiche della britannica Special Operations Executive (SOE).
Con lo scopo di aiutare le forze anti-naziste in Europa e salvare gli ebrei ungheresi dalla deportazione, era quindi in procinto di partire per l’Egitto e completare il suo addestramento affinando le tecniche di paracadutismo, la conoscenza del codice Morse, i rudimenti per la costruzione e riparazione di ricetrasmittenti, l'abilità di produrre documenti falsi e di decifrare codici segreti.
All’inizio di marzo 1944, pronta per spostarsi a Bari liberata con 4 compagni, nella notte del 13 marzo, parte da Brindisi per paracadutarsi in Yugoslavia e iniziare la missione.
Hannah e i suoi compagni vennero accolti dai partigiani locali che aspettavano con ansia il loro arrivo.
Il 19 marzo, attraverso la ricetrasmittente, apprendono che la Germania ha occupato l’Ungheria; il piano della missione - basato proprio sulla facilità di entrare in Ungheria per Hanna - deve quindi essere rivisto. Hannah piange, preoccupata per il destino degli ebrei ungheresi e di quelli che in Ungheria si erano rifugiati; è sempre più turbata e frustrata dall’immobilismo a cui è costretta e dalla consapevolezza che non può essere d’aiuto. I nuovi ordini infatti prevedono di rimanere in Yugoslavia, sabotare le operazioni tedesche e salvare piloti americani.
Il gruppo passa tre mesi con i partigiani di Tito. Nonostante il commando continui a sostenere che entrare in Ungheria sia una missione suicida, Hannah è sempre più determinata a portare a termine la missione: un piccolo gruppo può comunque sollevare il morale e incoraggiare gli ebrei ungheresi a resistere.
Per questo, quando il gruppo si trova ad agire sul confine con l’Ungheria, dopo avere recuperato il documento di una donna ungherese da poter utilizzare come suo, decide, comunque di provarci. Prima di partire lascia a Reuven Daphne – suo commilitone - un foglietto con una poesia. Reuven, adirato perché a suo avviso un soldato non può perdere tempo a scrivere poesie, butta il biglietto senza neanche leggerlo. Il giorno dopo, pentito, torna a cercarlo e lo ritrova; un foglietto accartocciato con scritte sopra queste parole:
Benedetto il fiammifero che si consuma per accendere il fuoco.
Benedetto il fuoco che arde nel cavo segreto del cuore.
Benedetto il cuore che sa frenare gli impulsi per salvare l'onore.
Benedetto il fiammifero che si consuma per accendere il fuoco.
La mattina del 9 giugno Hannah viene catturata da una sentinella fascista ungherese, riesce però a nascondere la ricetrasmittente e tutto quello che avrebbe potuto rivelare la sua identità. Incarcerata nella prigione della Gestapo a Budapest, viene torturata per avere informazioni sui suoi compagni, sulle missioni e sui codici segreti. Non rivela nulla se non il suo nome, convinta che la madre sia ormai al sicuro in Palestina. Katherine però si trovava ancora a Budapest e stava preparando i bagagli per trasferirsi nel ghetto. Viene presa, condotta dalla figlia e minacciata di morte se Hannah avesse continuato a non collaborare. La donna, sicura che il rifiuto della figlia avesse delle motivazioni valide, non cerca di convincerla a parlare. Sul momento viene rilasciata, ma poche ore più tardi viene arrestata dalla Gestapo, nuovamente interrogata e incarcerata. Pena la morte della madre, vengono date a Hannah tre ore per rivelare il codice cifrato. Hannah è terribilmente combattuta, ma non cede. Gli interrogatori di Hanna continuano, e lei avendo mentito circa la sua conoscenza della lingua tedesca riesce a prendere tempo con la traduzione per formulare le risposte.
Le due donne rimangono incarcerate nella stessa prigione riuscendosi anche a scambiare messaggi e perfino ad incontrarsi fino a quando, il 10 settembre, Hannah viene trasferita.Il 12 settembre Katherine viene mandata in un campo di internamento a Kistarcsa e rilasciata due giorni dopo. Hannah si trova invece in un’altra prigione in attesa del processo per tradimento. Il suo avvocato la rassicura: gli Alleati sono ormai vicini, la guerra finirà presto e le accuse cadranno
Il 15 Ottobre però, l’estrema destra instaura un nuovo governo, portandosi dietro un regime di terrore e nuove ondate di leggi anti-ebraiche. Il processo di Hannah viene confermato per il 28 ottobre. Hannah si dichiara non colpevole ma viene comunque accusata di tradimento allo Stato. Con il verdetto – illegale – di un unico, Julian Simon, Hannah viene condannata a morte per fucilazione. Il giorno dell’esecuzione rifiuta di essere bendata per guardare negli occhi i suoi assassini. Viene fucilata il 7 novembre 1944 alle 10 del mattino mentre i carri dell’Armata Rossa preparavano l’ingresso in città.
La madre di Hanna, Katherine, sopravvive e raggiunge il figlio in Israele dopo la guerra; dedicherà la sua lunga vita alla memoria della figlia. I resti di Hanna vengono riportati in Israele nel 1950 e sepolti sul Monte Herzl; nel 2007 sono stati spostati nel suo kibbutz di Sedot Yam.
Gli scritti e i quaderni che Hannah ha lasciato in una piccola valigia nel kibbutz sono testimoni del suo coraggio e del suo talento.
La poesia “Verso Cesarea” è stata musicata ed usata nella colonna sonora del film Schindler's List, è diventata una delle canzoni più conosciute in Israele.
Verso Cesarea
Eli, Eli Mio Dio, mio Dio
Shelo yigamer le'olam: Fa che non finiscano mai
Hachol vehayam La sabbia e il mare
Rishrush shel hamayim Il mormorio dell’acqua
Berak hashamayim Il lampo nel cielo
Tefilat ha'adam. La preghiera dell’uomo
FILMOGRAFIA
Blessed Is the Match - La vita e la morte di Hannah Senesh - Roberta Grossman - 2008 - 84 min
1 Organizzazione paramilitare ebraica in Palestina durante il Mandato britannico dal 1920 al 1948