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1944 il Caso Majdanek a Lublino

Il primo processo al personale di un campo nazista di sterminio

1944 il Caso Majdanek a Lublino

 

Con l’avanzata delle truppe sul fronte, l’esercito alleato si imbatté anche nei luoghi creati per lo sterminio di massa dai nazisti. A pochi chilometri dall’ingresso nella città polacca di Lublino occupata dai nazisti dal 18 settembre 1939, nella notte tra il 22 e il 23 luglio del 1944 i soldati dell’Armata rossa, tra i quali vi erano anche polacchi, si trovarono dinanzi quello che restava del Vernichtungslager di Majdanek lì creato dai nazisti. Il luogo era stato evacuato dai nazisti e in parte dagli stessi smantellato, ma erano ancora visibili le tracce dello sterminio lì perpetrato. Le SS avevano lasciato lì solo poche centinaia di deportati, ritenuti troppo deboli per affrontare i viaggi forzati, iniziati già dal marzo del 1944.  

Per la prima volta gli Alleati si imbatterono in una “fabbrica dello sterminio” che mostrava il risultato finale del processo di persecuzioni e violenze operato dai nazisti. Gli ufficiali sovietici convocarono sul luogo giornalisti e cineoperatori provenienti dalle potenze alleate per diffondere la notizia e le immagini. Al momento della liberazione “solo” il 20 % del “progetto Majdanek” era stato realizzato, ma tale nome era nel cuore di tanti l’eco di una fabbrica della morte.

 Dalle provevisive e documentali raccolte le forze alleate cominciarono ad avere sempre più chiara la reale portata nel vissuto quotidiano della parola “genocidio” creata dal giurista polacco ebreo rifugiatosi negli Stati Uniti Rafael Lemkin, lì docente presso l’Università di Yale, per descrivere lo sterminio sistematico di una popolazione ordito dai nazisti: una guerra non contro Stati e tra eserciti, ma contro dei popoli, per affermare una supremazia “biologica”.

«Nuove concezioni richiedono nuovi termini. Per "genocidio" intendiamo la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico. Questa nuova parola, coniata dall'autore per indicare una vecchia pratica nel suo sviluppo moderno [...]. In generale, genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione, tranne quando si realizza con uccisioni di massa di tutti i membri di una nazione. Si intende piuttosto un piano coordinato di azioni diverse che mirano alla distruzione delle basi essenziali della vita dei gruppi nazionali, con l'obiettivo di annientare i gruppi stessi. Gli obiettivi di un tale piano sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e dell'esistenza economica dei gruppi nazionali, nonché la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino della vita degli individui appartenenti a tali gruppi. Il genocidio è diretto contro il gruppo nazionale come entità e le azioni coinvolte sono dirette contro gli individui, non a titolo individuale, ma come membri del gruppo nazionale». (da R. Lemkin, Axis Rule in Occupied Europe, Washington 1944, p. 79.)

Il 31 agosto del 1944 il Comitato nazionale polacco di Liberazione fissò con un decreto i termini per affrontare la questione riguardante i crimini contro l’Umanità e i crimini di guerra. Questo pose le basi per la preparazione dei processi che avrebbero visto imputati i criminali nazionalsocialisti. Questi tribunali erano costituiti da un giudice togato e da due giudici onorari che avrebbero emesso sentenze inappellabili, anche se i condannati a morte avevano la facoltà di chiedere la grazia al Presidente del Comitato nazionale polacco di Liberazione. Questo venne supportato dal decreto del 12 settembre 1944 sui tribunali penali speciali per i criminali fascisti-nazisti.

Una commissione mista sovietico-polacca raccolse in due mesi prove che confluirono nel report pubblicato a Mosca 16 settembre 1944, in polacco, russo, inglese e francese, che costituì la base del processo intentato contro gli uomini che lì avevano operato.

In ossequio alle linee dettate dal Comitato nazionale polacco di Liberazione e alla dichiarazione di Mosca del 1943, nella quale si annunciava che i Tedeschi che avevano preso parte “ad atrocità, a massacri e a esecuzioni” sarebbero stati processati per i loro “abominevoli atti” negli Stati dove li avevano compiuti, dinanzi a una corte di giustizia penale speciale polacco-sovietica, mentre parte della Polonia era ancora occupata dai nazisti, a Lublino dal 27 di novembre al 2 dicembre si tenne un processo che vide imputate sei persone che avevano operato a Majdanek. Quattro erano membri delle SS: Anton Thernes, Wilhelm Gerstenmeier, Hermann Vögel e Theodor Schöllen, e due come Kapo Edmund Pohlmann e Heinrich Stalp. Il giorno prima dell'inizio del processo, in contemporanea in due cinema di Lublino, era stato proiettato il film documentario Il campo di sterminio di Majdanek: il cimitero di Europa, realizzato dal regista polacco Aleksander Ford. Egli aveva immortalato ciò che restava dei crimini di Majdanek e aveva cercato di trasmettere le impressioni e le emozioni che avevano accompagnato i momenti della liberazione del campo.

Nell'aula del tribunale nessuno degli imputati, assistiti da avvocati d'ufficio, si dichiarò colpevole, ma tutti ammisero che nel campo erano stati compiuti crimini. Alcuni momenti del processo filmati divennero parte del documentario polacco del 1945 Svastica e Forche, di 26 minuti, nei quali si passa dalle immagini del campo liberato all’aula con la lettura dei capi di accusa per ognuno degli imputati e a brevi spezzoni dell’iter processuale: testimonianze, dichiarazioni e sentenza, per concludersi con l’esecuzione pubblica delle condanne. Vennero comminate 6 condanne a morte, ma Pohlmann si suicidò dopo l’ascolto della sentenza. Il 3 Dicembre vennero eseguite le sentenze capitali, con l’impiccagione dei colpevoli vicino ai resti del crematorio del campo.

“‘Le parole sono create dagli esseri umani, ma quello che è accaduto nel campo è inumano. Le parole sono comprensibili, ma quello che è accaduto qui è incomprensibile. Le parole hanno una propria logica, ma quello che è accaduto qui … Questo è Majdanek! Immaginate l’impotenza delle madri che andavano incontro alla propria morte con i propri figli. Questo è Majdanek” (requisitoria del giurista Jerszy Sawicki al processo di Majdanek)

Questo fu il primo processo nel quale comparvero le prove dell’esistenza dei campi di sterminio e la sua eco giunse fino alle terre del Reich, nelle quali il Ministero della Propaganda iniziò la propria opera di negazione dei crimini compiuti.

 

Immagine di copertina: fotografia del processo di Lublino, Archivio Istituto della Memoria Nazionale IPN

Immagine di chiusura: Frontespizio del testo del polacco Eugeniusz Krieger, La fabbrica tedesca dello sterminio a Lublino, pubblicato nel 1945

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